Come state oggi? Non so se ve ne siete accorti ma da lunedì, nella blogosfera, è cominciato un blogtour dedicato al romanzo The outsiders di S.E. Hinton edito da Rizzoli e oggi sul blog ne ospito una tappa. È un blogtour diverso dal solito perché attraverso questo tour avrete la possibilità di leggere insieme a noi l’inizio di questa storia e di commentarla. Su ogni blog infatti ci sarà un estratto del romanzo e il nostro pensiero sulla lettura e principalmente sul pezzo che vi proponiamo.
Ad accompagnarmi ci sono Elisa (Devilishly Stylish), Rory (Il colore dei libri), Jess (Jess in wonderland) e Federica (L’ultima riga). Essendo la quarta tappa, potrete trovare sui primi blog citati gli estratti precedenti al mio mentre per leggere l’ultimo dovrete aspettare domani e far visita al blog di Fede. Vi lascio comunque il calendario!
IL LIBRO: THE OUTSIDERS
Mi ricordavo di Johnny, con la faccia tutta tagliata e piena di botte, e mi ricordavo che aveva pian- to quando l’avevamo trovato mezzo svenuto nel campo all’angolo. A casa se la passava male, e ce ne voleva per farlo piangere.
Sudavo tanto, anche se avevo freddo. Mi sentivo i palmi delle mani tutti umidi e le gocce che colavano lungo la schiena. Mi succede così quando ho paura sul serio. Mi sono guardato intorno cercando una bottiglia o un bastone – Steve Randle, il miglior amico di Soda, una volta aveva tenuto a bada quattro tipi con una bottiglia rotta – ma non c’era niente. Così sono rimasto lì come un bozzo su un ciocco mentre mi circondavano. Io non uso la testa. Mi giravano intorno piano, in silenzio, sorridendo.
«Ehi, Greaser» ha detto uno in tono troppo amichevole. «Ti vogliamo fare un favore, Greaser. Ti tagliamo tutti quei capelloni unti.»
Portava una camicia a quadri. La vedo ancora. A quadri sull’azzurro. Uno ha riso, poi mi ha insultato a bassa voce. Non riuscivo a pensare niente da dire. Non c’è molto che si può dire mentre aspetti di farti pestare, così ho tenuto la bocca chiusa.
«Ti serve proprio un bel taglio, eh, Greaser?» Il biondo medio ha tirato fuori un coltello dalla tasca dietro e l’ha aperto.
Finalmente ho trovato qualcosa da dire. «No.» Sono arretrato per allontanarmi dal coltello. Ovviamente sono andato a sbattere contro uno degli altri. Mi hanno messo a terra in un secondo. Mi tenevano braccia e gambe bloccate e uno mi si è seduto sul petto con le ginocchia piantate sui gomiti, e se pensate che non fa male siete pazzi.
Ho sentito l’odore di dopobarba English Leather e di tabacco stantio, e come uno stupido mi sono chiesto se finiva che soffocavo prima che mi facessero qualcosa. Ero così spaventato che ho pensato: Magari. Ho cercato di liberarmi, e per un secondo ce l’ho quasi fatta, poi mi si sono stretti addosso e quello che avevo sul petto mi ha mollato un paio di pugni. Così sono rimasto lì a dirgli parolacce boccheggiando. Mi sono ritrovato con una lama contro la gola.
Mi ricordavo di Johnny, con la faccia tutta tagliata e piena di botte, e mi ricordavo che aveva pian- to quando l’avevamo trovato mezzo svenuto nel campo all’angolo. A casa se la passava male, e ce ne voleva per farlo piangere.
Sudavo tanto, anche se avevo freddo. Mi sentivo i palmi delle mani tutti umidi e le gocce che colavano lungo la schiena. Mi succede così quando ho paura sul serio. Mi sono guardato intorno cercando una bottiglia o un bastone – Steve Randle, il miglior amico di Soda, una volta aveva tenuto a bada quattro tipi con una bottiglia rotta – ma non c’era niente. Così sono rimasto lì come un bozzo su un ciocco mentre mi circondavano. Io non uso la testa. Mi giravano intorno piano, in silenzio, sorridendo.
«Ehi, Greaser» ha detto uno in tono troppo amichevole. «Ti vogliamo fare un favore, Greaser. Ti tagliamo tutti quei capelloni unti.»
Portava una camicia a quadri. La vedo ancora. A quadri sull’azzurro. Uno ha riso, poi mi ha insultato a bassa voce. Non riuscivo a pensare niente da dire. Non c’è molto che si può dire mentre aspetti di farti pestare, così ho tenuto la bocca chiusa.
«Ti serve proprio un bel taglio, eh, Greaser?» Il biondo medio ha tirato fuori un coltello dalla tasca dietro e l’ha aperto.
Finalmente ho trovato qualcosa da dire. «No.» Sono arretrato per allontanarmi dal coltello. Ovviamente sono andato a sbattere contro uno degli altri. Mi hanno messo a terra in un secondo. Mi tenevano braccia e gambe bloccate e uno mi si è seduto sul petto con le ginocchia piantate sui gomiti, e se pensate che non fa male siete pazzi.
Ho sentito l’odore di dopobarba English Leather e di tabacco stantio, e come uno stupido mi sono chiesto se finiva che soffocavo prima che mi facessero qualcosa. Ero così spaventato che ho pensato: Magari. Ho cercato di liberarmi, e per un secondo ce l’ho quasi fatta, poi mi si sono stretti addosso e quello che avevo sul petto mi ha mollato un paio di pugni. Così sono rimasto lì a dirgli parolacce boccheggiando. Mi sono ritrovato con una lama contro la gola.
È un tipico momento di bullismo portato all’estremo, i ragazzi in questione sono più numerosi, più forti e se la prendono con Ponyboy che è uscito da solo. Mi piace moltissimo come un romanzo di molti anni fa si riveli decisamente attuale anche ai giorni nostri. Purtroppo il tema non è dei più felici ma riesce in pochissime righe a farci comprendere la società del tempo. Una divisione netta tra due parti della città.
CALENDARIO: “THE OUTSIDERS”
Ma prima di salutarvi, ditemi un po’, cosa ne pensate? Lo avete già letto?
Ciaoooooo!!